AIMAC: ora è possibile curarsi mantenendo retribuzione e lavoro
Un diritto in più, un serio problema in meno per le oltre 300 mila persone che ogni anno in Italia si ammalano di cancro. Infatti, con l’approvazione definitiva dal Consiglio dei ministri del decreto legislativo, in attuazione dell’articolo 23 del collegato lavoro (legge 4 novembre 2010, n.183) relativo alla “delega al Governo per il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi”, sollecitato per lungo tempo dall’AIMaC, i malati oncologici ottengono il riconoscimento di un nuovo diritto: curarsi mantenendo la retribuzione e la possibilità di affrontare con serenità le fasi critiche della malattia. A sancirlo è l’art. 7 del decreto che va così a colmare una lacuna legislativa che abbandonava a se stesse 2 milioni di persone che in Italia combattono il cancro. Fino ad ora, infatti, chi veniva colpito dal tumore, con invalidità riconosciuta superiore al 50%, nel momento in cui si assentava per le cure oltre al periodo previsto dal contratto di lavoro perdeva la retribuzione. Da ora in poi non sarà più così: grazie all’impegno di AIMaC, è stata fatta chiarezza e soprattutto giustizia. I lavoratori mutilati e invalidi civili, cui sia stata riconosciuta una riduzione della capacità lavorativa superiore al 50 per cento potranno fruire ogni anno, anche in maniera frazionata, di un congedo per cure per un periodo non superiore a trenta giorni. La disposizione di legge, inoltre, chiarisce che durante il periodo di congedo, il dipendente ha diritto a percepire il trattamento calcolato secondo il regime economico delle assenze per malattia. In più, il decreto sancisce che la necessità della cura in relazione all’infermità invalidante riconosciuta, risulti espressamente dalla domanda del dipendente interessato, accompagnata dalla richiesta del medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale o appartenente ad una struttura sanitaria pubblica. Un passaggio importante inserito nell’articolo 7 del dlgs riguarda il regime giuridico perché si riconosce che tale congedo non rientra nel periodo di comporto. E questo vuol dire in sostanza che il posto di lavoro è tutelato per un lasso di tempo più lungo. Un risultato che rappresenta il cambiamento epocale in quanto incide sulla qualità della vita del malato, migliorando le condizioni di tutela per i 2 milioni di cittadini che ogni giorno combattono il cancro e che convivono con questa malattia assistiti con amore e dedizione dai loro cari.